The DEEP project has received research funding from the European Union under the 7th Framework Programme

Cos'è la terapia ferrochelante?

Le trasfusioni di sangue periodiche sono il principale trattamento per i pazienti affetti da emoglobinopatie ereditarie, ma presentano un inconveniente importante: il sangue trasfuso nel paziente porta con sé una quantità di ferro che l’organismo umano non è in grado di espellere autonomamente. Nel corso del tempo questa sostanza tende ad accumularsi, soprattutto a carico del fegato, del cuore e degli organi endocrini. Il graduale accumulo di ferro provoca nel paziente talassemico disturbi molto gravi che, quando non vengono trattati, possono risultare letali.

Alle trasfusioni di sangue è quindi necessario abbinare una terapia a base di farmaci in grado di catturare il ferro in eccesso e allontanarlo dall’organismo. I farmaci di questo tipo si definiscono ferrochelanti in quanto stringono gli atomi di ferro come un paio di microscopiche chele e in questo modo li espellono dall’organismo con le urine. La terapia ferrochelante è quindi assolutamente indispensabile per il paziente talassemico.

Fino a qualche tempo fa, l’unico ferrochelante disponibile in commercio era la deferoxamina. Questo farmaco presenta tuttavia un grande limite: è necessario assumerlo da 5 a 7 giorni la settimana con una lunga infusione della durata di 8-12 ore. Il trattamento è complesso, disagevole e faticoso da seguire con costanza. Inoltre in alcuni pazienti la deferoxamina risulta nociva, provocando reazioni di intolleranza e tossicità.

Per ovviare alle difficoltà di somministrazione e per offrire ai pazienti anche terapie alternative, in tempi più recenti sono stati sviluppati farmaci come il deferiprone e il deferasirox. Si tratta di farmaci che semplificano enormemente la terapia di ferrochelazione in quanto si possono assumere per via orale, sotto forma di sciroppo e di compresse solide o da sciogliersi in acqua. Il deferiprone è inoltre particolarmente efficace nel ridurre l’accumulo di ferro nel cuore, un ulteriore effetto benefico per i pazienti talassemici.

Oltre ai suoi innegabili effetti positivi, il deferiprone può presentare tuttavia effetti indesiderati. Mentre alcuni di questi effetti come la nausea, il vomito e la diarrea, il dolore alle braccia o alle gambe si possono risolvere spontaneamente o con l’interruzione del farmaco e non presentano rischi per la vita del paziente, altri effetti indesiderati sono più gravi e possono mettere a repentaglio la vita del paziente: la riduzione dei globuli bianchi e delle piastrine e disturbi al fegato e ai reni. È quindi necessario uno studio attento e rigoroso delle interazioni del farmaco con l’organismo per verificare che i pazienti possano assumerlo in tutta sicurezza.

Il deferiprone è un farmaco che è stato studiato principalmente in pazienti adulti e nella talassemia mentre sono pochi i dati sui pazienti pediatrici e nella altre anemie ereditarie. È a questa mancanza che intende ovviare il progetto DEEP (“DEferiprone Evaluation in Paediatrics”, cioè “Valutazione del deferiprone nei pazienti pediatrici”).

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